Giovedì sono
stato relatore a Roma ad un convegno per architetti e progettisti organizzato
da un nostro cliente. Partecipando i professionisti presenti di
ricevevano 6 crediti formativi, necessari al mantenimento dell’iscrizione al
loro albo professionale per esercitare la professione.
I presenti,
oltre 100 in tutto, non erano sicuramente lì per me o gli altri relatori che
prima e dopo di me gli hanno intrattenuti per 6 ore, ma partecipavano perché partecipando
a quel convegno avrebbero ricevuto 6 punti dei 60 loro necessari per il
triennio 2017-2019.
Prima di
iniziare il mio intervento mi sono posto questa domanda:
Perché i
presenti mi devono ascoltare?
C’è un’enorme
differenza fra un interlocutore che cerca volutamente un incontro perché interessato
ed un interlocutore che invece è forzato ad ascoltare.
Interlocutore
interessato
Quando un dipendente
cerca il proprio capo per avere un’autorizzazione a procedere, un cliente che
chiama per chiedere una informazione tecnica sul prodotto, un agente che manda
una mail per avere una condizione speciale è molto facile avere l’attenzione dell’interlocutore,
appunto perché interessato in prima persona alla nostra risposta.
Non sempre però
e facile dare un riscontro adeguato alle sue aspettative, perché interpellandoci
la massima aspettativa sarebbe quella di avere una risposta immediata.
La sfida in
questo caso è quella di capire in poco tempo qual è la richiesta e di
rispondere in breve tempo o con la risposta necessaria o fornendo i mezzi per
ottenere quella risposta.
Interlocutore
forzato
Un esempio
tipico è quello del convegno di giovedì, ma altri esempi della vita aziendale
potrebbero essere, quando si chiede appuntamento ad un cliente per presentargli
un prodotto nuovo, quando si indice una riunione per implementare una nuova
procedura, quando si chiede ad un fornitore di implementare un processo
innovativo rispetto alla sua proposta standard:
In questi
casi l’interlocutore “non ha cercato l’incontro” ma si trova per qualche
ragione indipendente dalla sua volontà “costretto”, nel caso del convegno per i
crediti, il dipendente per motivi gerarchici, il cliente per cortesia.
La sfida è
nei primi 30-45 secondi di ottenere l’attenzione di qualche minuto per poter
comunicare il nostro messaggio. Ognuno ha le proprie strategie, io ritengo che con
molta empatia si debba da subito andare al nocciolo del problema, dando un
motivo per ascoltarci:
Il mio
esempio di giovedì: “…. Se una piastrella si rompe in una casa nuova e voi
avete suggerito il formato ed il modello… da chi andrà il committente a
lamentarsi ed a chiedere di rifondere il danno?”.
Quindi indirettamente
il messaggio è stato, dovrete stare con me in questa stanza per 30 minuti, avete
due scelte:
-
la prima di continuare a controllare la vostra
mail e non ascoltarmi
-
la seconda di ascoltarmi e poter ricevere qualche
suggerimento per aiutarvi ad evitare questi problemi.
Io mi baso
su tre regole base:
a.
Intercettare i problemi latenti degli
interlocutori (o dell’interlocutore), che non sono la ragione della presenza ma
potrebbe diventare il motivo dell’interesse all’ascolto.
b.
Comunicare nozioni ed informazioni rilevanti,
anche se non direttamente collegate alla nostra offerta possono qualificarci
come relatori credibili.
c.
Veicolare in modo articolato e completo la
potenziale soluzione al problema esposto (che è il nostro motivo dell’incontro)
perché il nostro interlocutore arrivato a mani vuote possa portarsi a casa
qualcosa di interessante.
Non so se giovedì
sono riuscito a farmi ascoltare da tutti, nel questionario di gradimento (da 1
a 5), ho ricevuto il 64% di 5 e il 36% di 4, sicuramente come in tanti altri
incontri ho trovato nuovi spunti e nuovi motivi per tentare di farmi ascoltare…
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