venerdì 30 ottobre 2015

La ritirata consapevole

Lo spunto di questa settimana è la rinuncia ad un piccolo progetto imprenditoriale, che con un gruppo di amici avevo intrapreso due anni fa. Questo lunedì ho infatti ho deciso di lasciare ad altri continuare l'esperienza ed anche se non dedicavo del tempo effettivo ho comunque in qualche modo alzato bandiera bianca ed ho fatto dietrofront. Quante volte ci succede di ritirarci da un progetto nelle nostre attività quotidiane?
La rinuncia è causa di altri comportamenti e solitamente avviene in tre passaggi:
1) ammettere candidamente che una decisione, una scelta presa in passato è sbagliata per noi, per la nostra azienda, per i nostri colleghi.
2) dopo aver acquisito la consapevolezza dell'errore, si decide di fermare quello che si sta facendo
3) di agire in modo da correggere ciò che si è fatto.
I passaggi sono consequenziali e non sono di nè facile lettura nè applicazione.
 Il primo passaggio è il più difficile perchè è quello della consapevolezza, che spesso si raggiunge grazie a persone o stimoli esterni che ci aiutano a decifrare il contesto in modo diverso ed a farci ragionare su evidenze, che se si è troppo coinvolti non si è in grado  di comprendere appieno. (Un esempio può essere cliente per noi importante che ci usa però solo come tappabuchi... Non merita la nostra esclusività ed i nostri migliori prezzi ce lo dicono gli utilizzatori finali).
Una volta raggiunto il primo step possiamo decidere di fermarci (2) o di agire per correggere la situazione (3). (Nell'esempio di prima - fermarci- non gli diamo più i nostri migliori prezzi o - agire - servire anche il suo concorrente principale per ottenere un'esclusività biunivoca o cambiare la nostra strategia commerciale).
La ritirata consapevole è un atteggiamento da non demonizzare perché potrebbe permettere di:
A) non disperdere energie su progetti o ambiti in cui è chiaro che non riusciremo ad ottenere successi.
B) imparare a delegare o lasciare agire persone più adatte, perchè non è detto che la rinuncia debba essere aziendale ma potrebbe anche essere puramente personale
C) di selezionare gli ambiti del nostro intervento perchè gli attacchi andati a buon fine siano la grande maggioranza di ciò che facciamo.
Parimenti la ritirata non deve mai diventare un alibi per non:
I) Dedicare tutte le forze ed energie a progetti ambiziosi e difficili, poiché nessun grande progetto è facile, perchè se lo fosse lo avrebbe già fatto qualcuno al posto nostro.
II) Studiare, imparare e provare e riprovare, ci può essere sempre qualcosa che non si è in grado di fare, ma questo non significa che non si possano acquisire le doti per realizzarlo.
III) Agire. La ritirata si completa con il punto (3 ) ed è quindi il naturale preludio ad una nuova azione.
Personalmente mi piace pensare alla ritirata come ad un'azione diversiva, che mi permetterà di essere più forte e più concentrato sui miei prossimi attacchi.

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